Esperto di Calcio

23 novembre 2012

L'imperatore destituito: Adriano Leite Ribeiro


L'Imperatore. Così era conosciuto, ai tempi d'oro, Adriano Leite Riberio.
Conosciuto semplicemente come Adriano, è stato un attaccante di formidabili potenzialità. Nato a Rio de Janeiro il 17 febbraio 1982, è nato calcisticamente nel Flamengo. Con i rossoneri brasiliani impressiona alla prima stagione nel Brasilerao, tanto che l'Inter decide di acquistarlo.
Adriano è un ragazzone senza paura, cresciuto nella povertà ha fame di goal e di successo. E così nell'agosto 2001 esordisce con i nerazzurri in una cornice d'eccezione: il Santiago Bernabeu. Appena entrato si prende la responsabilità di un calcio di punizione dal limite. Un'impressionante bordata di sinistro scuote la porta di Casillas, inerme dinnanzi a così tanta potenza. La palla scalfisce la traversa e finisce in rete, fra lo stupore generale. A 18 anni Adriano dimostra di possedere una forza fisica ed una potenza di tiro fuori dal comune.
A Milano trova poco spazio con giocatori del calibro di Vieri, Ronaldo e Recoba davanti a lui. Nell'inverno 2001 iniziano le sue prime traversie con il cibo, che lo portano a prendere peso. A gennaio si trasferisce a Firenze, dove trova il campo con maggior regolarità e si rimette in forma. Appena in tempo, a giugno è ceduto in comproprietà al Parma. Qui incontra Cesare Prandelli e Adrian Mutu. Il trio farà le fortune dei gialloblu, con Adriano che acquisisce il soprannome di Imperatore. Nato dall'omonimia con il grande statista romano Publio Elio Traiano Adriano, rispecchia anche il suo modo di giocare. Il brasiliano è incontenibile, una forza della natura. I suoi 90 kg di muscoli sono impossibili da arginare per qualsivoglia difensore, di testa è insuperabile. Mutu crea, Adriano distrugge. Cresciuto con il mito di Zico, Adriano sembra un letale incrocio fra il connazionale Ronaldo e l'italiano Vieri. Potente e mancino come il celebre numero 32 interista; rapido, tecnico e cinico come Il Fenomeno. Niente a che vedere con estro e tecnica di Ronaldo, che rimane secondo me inarrivabile fra le prime punte moderne, ma la tipologia è quella. Come il connazionale, poi, ha uno spassionato amore per le feste e la buona tavola, che lo porteranno ad un prematuro e triste declino.
La crisi economica del Parma lo riporta a Milano, dove per due anni e mezzo si consacrerà come un campione. 12 goal nei primi sei mesi, poi due stagioni pazzesche: 25 e 20 reti.
All'improvviso, quando sembrava dovesse decollare, il crollo. Adriano inizia a sentire la mancanza del Brasile, della famiglia, degli amici. Cade in una sorta di depressione e si lascia andare. Prende peso, non si allena e viene pizzicato a far tardi la notte. L'Inter prova a rigenerarlo spedendolo in Brasile, ma la sua carriera è agli sgoccioli. Una timida ripresa con la maglia del San Paolo, poi il terzo ritorno a Milano e l'ingresso in una spirale di negatività.
Nel 2009, con la casacca dell'amatissimo Flamengo, il canto del cigno. Ma il giocatore non è più lo stesso, e a Roma lo dimostra. I giallorossi si ritrovano in rosa un Adriano imbolsito, che pesa più di 100 kg e non è nemmeno l'ombra del campione che poteva essere. Si, dico poteva essere.
I mezzi di Adriano erano immensi, devastanti. Un fisico imponente unito ad una forza muscolare fuori dal comune. Il centravanti spazzava via le difese con le sue progressioni ed i suoi dribbling. Chiedetelo all'Udinese, all'Empoli, al Chievo, al Milan o alla Juventus. E perchè no anche a Casillas, che ancora oggi, ne sono certo, non si è spiegato quel bolide sotto la traversa.
Io penso che i numeri non bastino per essere definito un campione. Adriano aveva colpi da fuoriclasse, ma un ragazzo col suo talento avrebbe dovuto lasciare un segno indelebile nella storia del calcio. Invece lo ricordiamo per i festini, per la sua stazza e le sue scorribande in motorino nelle Favelas di Rio. E' davvero triste tutto questo, sarebbe potuto e dovuto essere più forte di Vieri ma la sua carriera non è stata poi tanto diversa da quella di un altro grande cannoniere brasiliano: Mario Jardel.


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