Esperto di Calcio

20 maggio 2013

Sedici sconfitte, mai così male i nerazzurri nella loro storia

Lo scempio dell'Inter, l'ennesimo capolavoro dell'Udinese. Non ci sono mezze misure a San Siro, dove l'Inter — non più tardi di tre anni fa campione d'Europa e del mondo — viene umiliata da una piccola grande squadra di provincia, l'Udinese, che festeggia la qualificazione in Europa League e inanella l'ottava vittoria di fila, record assoluto in Serie A per la società friulana. L'Inter finisce nona, peggior risultato nerazzurro del nuovo secolo, e incassa la sedicesima sconfitta in campionato, primato negativo per la Serie A a 20 formazioni. Ad agosto ripartirà dal terzo turno eliminatorio di Coppa Italia, perché il nono posto tanto vale. Una squadra allo sbando. Anzi, una squadra che non c'è più, che non può più definirsi tale. Un punto nelle ultime cinque partite. Numeri disastrosi e totale mancanza di un gioco. Sì, lo sappiamo, gli infortuni. Ma non c'è, non ci può essere moria di giocatori che giustifichi un tale disordine, un club del livello dell'Inter non può essere condannato all'improvvisazione. Oggi ci vuole coraggio per confermare Andrea Stramaccioni, bisogna compiere un atto di fede, essere visionari, vedere un futuro là dove un futuro non sembra esserci. In passato Massimo Moratti ha esonerato allenatori per molto meno. E bisogna che nell'area tecnica qualcuno si assuma le proprie responsabilità. Prendere Alvarez e scartare Lamela, per dirne una, è stato a suo tempo un abbaglio colossale. Troppo facile scaricare tutto sull'inesperto Stramaccioni.
Opposti estremismi Da una parte una squadra riconoscibile come tale, con gioco definito, collaudato. Con un copione, con un'organizzazione. Questa squadra era l'Udinese. Dall'altra una formazione che recitava a soggetto, minuto per minuto, senza uno spartito, senza un'idea fissa di sé. E questa squadra era l'Inter. A un certo punto, ieri sera, abbiamo perso il conto dei mutamenti tattici ordinati da Strama, partito con una difesa a tre, poi corretta a quattro: 3-5-1-1, 4-2-3-1, 4-3-3... Che litania di prefissi. Mancava giusto il 5-5-5 di Oronzo Canà. L'allenatore cambiava sistemi di gioco come fazzoletti di carta durante un raffreddore. Giocatori spostati di qua e di là come bandierine su un'ipotetica carta geografica, nella speranza che prima o poi si trovasse l'alchimia. Si procedeva a tentoni e per tentativi. E i gol subiti: 5 ieri in un colpo solo, 57 in totale. Cinquantasette reti al passivo per l'Inter sono un'enormità, sono la spia di una fase difensiva imbarazzante. Del resto basta rivedersi la cinquina presa ieri. Non c'è un gol dell'Udinese che in qualche modo non sia stato figlio della sbadataggine e dell'incuria di qualche giocatore nerazzurro, dal primo fulmineo di Pinzi all'ultimo definitivo di Muriel, passando per l'incornata di Domizzi e il «tiramisù» di Di Natale.
I due fenomeni Certo, la differenza l'hanno fatta anche i colpi dei giocatori. Oggi come oggi l'Inter due attaccanti del livello di Muriel e Di Natale se li sogna. La rete di Di Natale è stata un capolavoro, il gol di Muriel ha fatto viaggiare molti tifosi nerazzurri all'indietro nel tempo, perché il colombiano sembra il fratellino minore di Ronaldo. I campioni però bisogna metterli nelle condizioni di dare il meglio di sé, e qui scatta la diversità tra Inter e Udinese. Nelle squadre di Guidolin si curano i dettagli, non c'è pallone che non sia pesato, studiato e speso come logica comanda. Ciascuno ha un compito, un ruolo, una posizione. È sacrosanto che l'Udinese entri in Europa, è assurdo che l'Inter si sia ridotta così.

fonte: gazzetta dello sport

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