Esperto di Calcio

4 novembre 2013

Storie di calcio: Eric Cantona, il fuoriclasse che stregò Sir Alex

Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perchè pensano che verranno gettate in mare delle sardine”.

La frase di Eric Cantona, pronunciata all’indomani dell’aggressione ad un tifoso del Crystal Palace, rimarrà come un segno indelebile nella storia del calcio. Personaggio scomodo, controverso e di rara follia, Cantona aveva nei piedi e nella testa un raro talento per il gioco del calcio. Quel gesto sconsiderato, quel calcio senza una logica vera, hanno segnato la sua immagine e la sua carriera in maniera indelebile.
E dire che Eric Cantona, marsigliese doc, era fino a quel momento conosciuto per i suoi goal, i suoi dribbling e i suoi successi con la maglia dello United. Solo agli occhi dei tifosi Red Devils non ha intaccato la sua immagine, tanto da venir proclamato “calciatore del secolo”. Un amore reciproco, intenso e indissolubile. Lo stesso Cantona lo sugellava con una delle frasi più belle che un calciatore possa dire: “Sono molto orgoglioso che i tifosi cantino ancora il mio nome allo stadio, ma ho paura che un domani loro si fermino. Ho paura perché lo amo. E ogni cosa che ami, hai paura di perderla”. Ancora. E’ questo avverbio a descrivere lo straordinario amore che Manchester tributava a Cantona, qualcosa di unico e possibile solo nel calcio.
La storia della sua squalifica non vuole essere la condanna di un gesto forte, brutto e censurabile. Piuttosto ha la pretesa di mostrare il lato umano di Cantona, un calciatore d’indubbio talento e con un carattere forte, così carismatico da soggiogare un signore scozzese, che di nome fa Alexander e di cognome fa Ferguson. Era il 1992 ed il francese, oscurato in Nazionale dall’ombra di Papin, aveva trascinato il Leed United alla vittoria in Premier League. “Damn United”, lo sporco Leeds, così conosciuto in terra inglese per la cattiveria agonistica dei suoi ragazzi. Cantona, leader carismatico della squadra dello Yorkshire, s’incontra con Ferguson negli spogliatoi. “Chissà se sei abbastanza forte per giocare ad Old Trafford”, dice il manager scozzese. “Chissà se lo United è abbastanza per me”, risponde il francese, affascinando definitivamente Ferguson.

Fu così che il sodalizio Cantona-Red Devils diventa speciale, sul campo d’allenamento come negli stadi d’Inghilterra. Cantona si carica la squadra sulle spalle, alza il livello di tutti e incorona i rossi di Manchester campioni, due volte. Ma non solo, Cantona è la chioccia di un’intera generazione, i “seventies”, quel gruppo di campioni che farà dello United la squadra di riferimento nel calcio inglese e nel panorama europeo: Roy Keane, Ryan Giggs, David Beckham, Paul Scholes. Ragazzi di talento, per i quali Eric diventa mentore, fratello maggiore, guida. Nel bene e nel male, buono e cattivo esempio contemporaneamente.
Ecco perchè il calcio a Matthew Simmons, sostenitore del Crystal Palace reo di averlo insultato, stupisce ma non troppo. E’ il paradosso di un personaggio che normale non è mai stato e mai sarà. E’ il gesto di un ragazzo, di un uomo, che va contro tutto e tutti. Che non accetta l’insulto e non si piega davanti a niente, a costo di giocarsi una carriera. E quando si sente apostrofare come “francese figlio di puttana” da un ventenne londinese reagisce. E lo fa in modo violento, veemente. Calciando senza inibizione alcuna il ragazzotto a bordo campo, fermandosi solo all’arrivo di Peter Schmeichel.

I tabloid inglesi hanno marciato per settimane sull’avvenimento, contribuendo in modo decisivo alla squalifica di otto mesi che segna di fatto la fine della carriera di Cantona. Una punizione giusta, esemplare, per un gesto che in nessuno stadio si dovrebbe mai vedere. Come in nessuno stadio dovrebbe avere la possibilità di entrare chi, poco interessato allo spettacolo, sfoga rabbia e frustrazioni. Le stesse che il signor Simmons aveva scaricato su di un benzinaio srilankese, aggredito per convinzioni etnico-politiche malate, retrograde e fasciste. Le stesse che sempre il signorino inglese ha scaricato contro l’allenatore di suo figlio, reo di non averlo fatto giocare in una sfida di Under14.
Sono momenti, questi, che nulla hanno a che fare con lo sport, con il calcio. Lo macchiano indelebilmente, lo rendono vulnerabile alle critiche dei detrattori. C'è, nel gesto di Cantona, quel che d'inatteso, di anticonformista. Il singolo che sfugge alla massa, il bug che manomette momentaneamente il sistema, anche se il tutto sarà ben presto ripristinato.

La vera storia di Eric Cantona è questa. E’ la storia di un uomo che va per la sua strada, giusta o sbagliata che sia. Un calciatore che agisce d’impulso, senza riflettere e senza programmare alcun gesto. Non per mettersi in mostra, non per far parlare di sè o strappare contratti milionari. Solo per seguire un istinto naturale, che a volte porta al trionfo, altre volte all’oblio.

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