Esperto di Calcio

26 giugno 2014

Mondiali2014: le lacune tattiche di Prandelli, preludio di una sconfitta inevitabile

L'argomento del giorno è ancora sempre e solo uno, l'eliminazione dell'Italia dal Mondiale brasiliano. Sul web, grazie alla dritta di un amico, mi sono imbattuto in un'interessante analisi tattica, tratta da ultimouomo.com.

"Come annunciato l’Italia gioca 3-5-2 con Immobile-Balotelli come coppia d’attacco. La presenza di due attaccanti centrali suggerisce prudenza a Tabárez che non vuole accettare situazioni di parità numerica al centro della difesa e pertanto schiera la propria squadra, anch’essa con tre difensori centrali, disegnando così in campo due squadre disposte a specchio. Gli uomini sono gli stessi del 4-3-1-2 visto contro l’Inghilterra, ma Cáceres fa il centrale di sinistra, Gonzales l’esterno destro e Lodeiro la mezzala destra. In campo si generano delle contrapposizioni ben definite: le mezzali si affrontano tra loro, così come gli esterni.
In fase di non possesso l’Uruguay si dispone tranquillamente nella propria metà campo, con Cavani che si abbassa su Pirlo. Il piano di gioco è quello solito: aspettare, aspettare, aspettare. In second’ordine provare qualche ripartenza (lunga, vista la zona media di recupero palla dell’Uruguay) con Suárez e Cavani. Non rischiare nulla. Eventualmente, se necessario, provare a forzare nell’ultimo quarto d’ora.
L’atteggiamento dell’Uruguay è talmente prevedibile che a fine partita i suoi giocatori avranno effettuato 369 passaggi quando la media delle due precedenti partite era 371, di cui 276 corti e 70 lunghi (287 e 65 la media nelle prime due partite). Quasi esattamente gli stessi numeri.
L’errore fondamentale dell’Italia è quello di giocare la partita dell’Uruguay. Di accomodarsi sui ritmi e sul disegno progettato da Tabárez. Le scelte dovevano essere estreme: costringere gli uruguaiani a fare loro la partita o, al contrario, giocare un match per vincere, spaventando gli avversari e forzandoli a una partita a ritmi più elevati. Invece l’Italia non ha scelto niente e l’apparente controllo della partita si è rivelato una pura illusione. L’Italia è stata apparentemente in controllo del match ma, nonostante il cambio di modulo e di uomini, la pericolosità degli azzurri è stata praticamente nulla. Come contro il Costarica.
La tanto invocata difesa a tre ha funzionato in fase di non possesso: Barzagli, Bonucci e Chiellini sono sempre stati in superiorità numerica contro Suárez-Cavani e tutto sommato le due occasioni avute da Suárez, entrambe parate da Buffon, possono essere considerate un equo tributo da pagare alle capacità del duo d’attacco dell’Uruguay. Il 3-5-2 ha però del tutto fallito in fase di possesso palla, non creando alcun pericolo al portiere uruguaiano Muslera.
Ancora una volta, nonostante il cambio di modulo, i difetti sono stati quelli visti in questo Mondiale: squadra che attacca con pochi uomini, dal baricentro troppo basso e con troppi uomini che si pestano i piedi in zona mediana.
Contro la pressione di Suárez e Cavani il rombo arretrato costituito da Barzagli, Bonucci, Chiellini e Pirlo è sempre in superiorità numerica e può gestire le fasi iniziali della manovra. In particolare grossa libertà è concessa a Barzagli e Chiellini.
Nonostante la superiorità numerica i movimenti di smarcamento di Verratti sono sempre in prossimità di Andrea Pirlo e mai in zona avanzata. E se Verratti gioca un’ottima partita da un punto di vista tecnico, rimangono forti interrogativi sull’utilità tattica della sua interpretazione del match. Sarebbe stato utile 20 metri più avanti da subito, anche per la possibilità di offrire una linea di passaggio in avanti al rombo arretrato, abbassando oltretutto la posizione del pericoloso Rodríguez. Il risultato è che l’Italia ha quasi sempre 4 giocatori dietro o sulla linea del pallone : il baricentro si abbassa, il numero di uomini sopra la linea della palla è troppo basso (oltretutto Darmian e De Sciglio sono, giustamente, sempre aperti e quindi non giocano “tra le linee”) e Balotelli approfitta degli spazi non coperti dai centrocampisti per assecondare la sua voglia di girare al largo dai difensori uruguaiani e lasciare al proprio destino, tra Giménez, Godín e Cáceres, Ciro Immobile. Con Verratti a giostrare in posizione arretrata, le possibilità di giocare la palla avanti e contemporaneamente alzare tutta la squadra rimane essenzialmente nelle mani dei movimenti della coppia di attaccanti. Come già detto Balotelli gioca lontano della linea difensiva avversaria e le qualità dei suoi smarcamenti è, come sempre, davvero povera. Oltretutto, se sorpassato dal pallone nella manovra offensiva, l’attaccante azzurro non accorcia verso la porta avversaria, lasciando Immobile a coprire l’intero fronte offensivo
".

L'analisi è praticamente perfetta, la condivido in toto. Credo però manchi un elemento fondamentale per spiegare le nostre difficoltà. Tralasciando l'aspetto mentale, lacuna tanto evidente quanto pesante, la scelta del 3-5-2 è stato un ripiego di comodo. Come ho avuto modo di scrivere prima del calcio d'inizio, adottare questo scacchiere tattico ha significato per Prandelli mettere a nudo tutte le sue debolezze come allenatore. Nel momento del bisogno si è affidato al blocco-Juve in difesa, sconfessando la sua unica e storica idea tattica (la difesa a 4 ndr), e cosa ancor più grave ha buttato nella mischia Immobile. Condivisibile l'impiego del capocannoniere della Serie A, meno i modi e le motivazioni. Dopo averlo escluso perchè bollato come "incompatibile" con Balotelli, è stato schierato titolare per le pressioni di stampa e paese. Una scelta che denota l'incapacità di fare il commissario tecnico della Nazionale, dove preferisco uno che sbaglia con la sua testa ad uno che prova a mettersi al riparo dalle critiche. E la "sfuriata" in sala stampa dopo il match, con quel patetico discorso sulle tasse pagate, è l'emblema di quanto sto affermando.
Tornando al nostro modulo, però, c'è un aspetto che nell'analisi tattica sopra riportata non viene sufficientemente enfatizzato. Fare l'esterno nel 3-5-2 è probabilmente uno dei ruoli più duri e difficili che esista. Per farlo bene occorre avere corsa, polmoni, gambe e tanta duttilità mentale. L'esterno deve infatti conoscere alla perfezione i movimenti difensivi, scalando in copertura in fase di non possesso, e quelli offensivi. Due terzini non classici non riusciranno mai a fare questo tipo di lavoro.

Tant'è vero che Darmian e De Sciglio hanno caratteristiche abissalmente diverse da Asamoah e Lichtsteiner, aspetto che rende del tutto impossibile paragonare lo scacchiere tattico dell'Italia a quello della Juventus di Conte. I terzini schierati da Prandelli sono due ottimi giocatori, bravi sia in fase di difesa che in fase di spinta. Non hanno però nel loro dna le caratteristiche di forza e dribbling richieste per fare l'esterno in questo tipo di modulo tattico. Asamoah è una forza della natura, corre per tre ed ha una potenza impressionante nel saltare l'uomo. Con il suo scatto bruciante crea la superiorità numerica; giocando a testa alta sa sempre se mettere il pallone raso terra o alto, cercando la testa dell'attaccante. De Sciglio, invece, è il classico esterno di una difesa a quattro. Meticoloso nelle chiusure, bravo nelle diagonali e propositivo quanto basta. La sua abitudine a crossare alto, molto spesso dalla trequarti, è emersa con forza. De Sciglio è abituato ad arrivare in corsa sul fondo e buttare la palla al centro dell'area di rigore, dialogando spesso con il centrocampista esterno. Qualcosa di completamente diverso rispetto ai compiti di un fluidificante che solca l'intera fascia.
Darmian, più a suo agio nel ruolo, è stato adattato nel tempo da Ventura. Giocare in una squadra che si difende e riparte veloce è molto diverso rispetto ad una che deve imporre il proprio gioco. La corsa e la fase difensiva non gli mancano, ma di nuovo non ci siamo in quanto proposizione. Lichtsteiner dialoga con i compagni, salta l'uomo in velocità, è sempre pronto all'uno-due e, soprattutto, si lancia negli spazi. I suoi tagli nel cuore dell'area di rigore hanno fatto le fortune di Conte, con la classica palla telecomandata di Pirlo che trova lo svizzero davanti al portiere, pronto a calciare verso la porta. Tutte qualità che mancano al seppur ottimo Darmian, anche lui imbrigliato nel classico schema del cross dal fondo.
Il peso offensivo della manovra, quindi, risulta inevitabilmente compromesso. Parliamo di 12 reti in dote ai due esterni di Conte contro le 0 di De Sciglio e Darmian, numeri che fanno riflettere.

L'altra macro differenza tattica, a mio avviso, risiede nelle caratteristiche dei centrocampisti. Verratti-Pirlo-Marchisio contro Pirlo-Pogba-Vidal. Giocatori diametralmente opposti, nelle caratteristiche e nel gioco. A partire dallo stesso Pirlo, chiamato a fare il vertice basso in bianconero ed il centrale di centrocampo con l'Italia. Giocando dieci metri avanti, si pensava, la qualità della manovra sarebbe aumentata. Errore madornale, perchè si toglie spazio alle mezz'ali ed inventiva a Pirlo, i cui lanci non possono trovare gli esterni (per il discorso fatto poc'anzi) nè l'inserimento del centrocampista. Unica alternativa la verticalizzazione per Balotelli o Immobile, non proprio in giornata di grazia.
Le caratteristiche di Vidal e Pogba, poi, sono certamente differenti a Verratti e Marchisio. Lo dico per fisicità, tipologia di gioco e buon senso. Parliamo di due splendidi recupera palloni capaci di inserirsi e concludere, tanto da dentro quanto da fuori area. Solo Marchisio ha caratteristiche vagamente simili a uno dei due, Verratti è uno splendido giocatore ma va messo nelle condizioni di giocare a modo suo. I campioni sanno coesistere, va solo trovato il modo di farlo. E' Marcello Lippi a dire: "un grande tecnico non si focalizza su un sistema di gioco, ha solo delle tracce. Dev'esser bravo e capace di far giocare insieme i suoi campioni, mettendoli nelle condizioni di potersi esprimere". Come dire, il contrario di quanto visto nella recente spedizione brasiliana.

L'analisi tattica di ultimouomo.com, poi, continua sulla seconda frazione di gioco. Lì c'è ben poco da aggiungere, i cambi, l'espulsione e la paura hanno portato l'Uruguay agli ottavi di finale e noi sull'aereo per l'Italia, evitando una probabile disfatta con la Colombia di Cuadrado.
"Nell’intervallo Prandelli sostituisce Balotelli con Parolo. Marchisio si sposta nella posizione di mezzala destra, Parolo prende quella di mezzala sinistra e Verratti viene avanzato nominalmente alle spalle di Immobile. Anche Tabárez mette mano alla sua squadra, inserendo Maxi Pereira al posto di Lodeiro: il neo entrato si piazza sull’esterno destro con Gonzales in posizione di mezzo-destro. Ancora una volta l’Uruguay segue logiche originali, abbassando la qualità della squadra sebbene abbia la necessità di segnare un gol.
La mossa tutto sommato sembra rendere più fluido il gioco dell’Italia, con Parolo e Marchisio che in possesso palla si alzano in posizione intermedia occupando lo spazio ai fianchi di Arévalo Rios, impegnato da Verratti, regalando così linee di passaggio a Pirlo e ai tre difensori. E, vista anche la prestazione tattica di Balotelli, la squadra non paga pegno in peso offensivo, perché Immobile, aveva in ogni caso giocato da solo contro tre difensori avversari. In occasione di una palla ricevuta al limite dell’area dell’ex Pescara (finta su due difensori e assist su Immobile in fuorigioco), si intravede la potenziale pericolosità di Verratti più vicino all’area avversaria.
L’espulsione di Marchisio cambia le carte in tavola. Per l’Uruguay è il segno che è ora di provarci e ci prova nell’unico modo che sa e che può: alza la pressione in fase di non possesso per cercare di rubare il pallone prima e in zona più avanzata possibile cercando di innescare velocemente le punte. Tabárez cambia tatticamente la squadra inserendo Stuani al posto di Pereira: è 4-3-1-2 con Cavani colpevolmente allontanato dall’area di rigore per lasciare spazio al neo-entrato come partner d’attacco di Suárez. Prandelli sostituisce uno sfinito Verratti con Thiago Motta, aggiungendo centimetri alla squadra. Ma è l’ingresso di Cassano al posto di Immobile che davvero regala campo all’Uruguay. Cassano è chiamato a occupare il ruolo di unica punta nel 3-5-1 con cui Prandelli ha disposto la squadra dopo l’espulsione di Marchisio. Ma Cassano non è in grado né di tenere palla in quella posizione, né tanto meno di allungare la squadra con movimenti profondi. L’Italia non riesce più ad alzare il baricentro e si consegna a una partita puramente difensiva. L’Uruguay è talmente sicuro di non correre rischi dietro, che a un quarto d’ora dalla fine Godín si sgancia in avanti ad ogni azione offensiva. Perché ormai lo schema è uno solo: fare giungere la palla sull’esterno e da lì metterla in mezzo con i cross.
Ormai delle due cose che avremmo dovuto fare contro l’Uruguay la seconda è saltata: abbiamo assecondato il piano di gioco di Tabárez che è lì dove avrebbe voluto essere: a un quarto d’ora dalla fine, sul punteggio di 0-0 e con 15 minuti davanti in cui forzare l’”episodio”. Anzi, grazie all’espulsione di Marchisio, è pure più avanti. Rimane il primo punto del piano: gestione concentrata e impeccabile degli episodi. E, come si è visto, al minuto 81 della partita anche il primo punto salta. Siamo fuori dai Mondiali
".

0 comments:

Posta un commento

Twitter Delicious Facebook Digg Stumbleupon Favorites More